domenica 19 settembre 2010

Simboli legaioli.


Dal sito de L'Unità:

Il sindaco di Adro (Bs), il leghista Oscar Lancini, non demorde e, nonostante le polemiche di questi giorni si dice pronto a rimuovere i simboli della Lega, con i quali ha imbottito la nuova scuola media statale del suo paese, solo se ad ordinarglielo sarà Umberto Bossi in persona. «Prima di essere sindaco, sono un militante della Lega Nord - ha detto Lancini -. In qualità di militante ho giurato fedeltà al movimento e il movimento, oggi, è capitanato dall'onorevole, ministro Umbero Bossi. Se domani mattina Umberto Bossi mi dice: 'Togli i simboli', non aspetto il giorno dopo».

Sulle dichiarazioni del senatùr apparse sui giornali, secondo cui i «soli delle Alpi» nella scuola di Adro sarebbero «effettivamente un pò troppi», Lancini preferisce glissare: «A me non l'ha detto e finora non l'ho sentito - ha commentato - se davvero lo pensa, lo dica anche a me. Non sempre quello che si legge sui giornali corrisponde alla realtà; per ora ho solo la solidarietà e l'appoggio di tutto il movimento e tutti mi hanno detto di tener duro».

Anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, tuttavia, si è schierato contro la scelta del sindaco Lancini, dichiarando che, forse, sarebbe stata sufficiente l'intitolazione dell'edificio a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega e «padre» della Padania. «Ognuno ha il diritto ad avere le proprie opinioni - è stato il commento di Lancini - anche in questo caso, se dovesse arrivare un ordine di servizio da parte del ministro, unico titolato a farci togliere i simboli, io obbedisco; alla legge si obbedisce».

Riguardo alla lettera che il ministro dell'Istruzione Gelmini, invece, avrebbe fatto inviare al primo cittadino di Adro per invitarlo a rimuovere i simboli dalla scuola, Lancini ribadisce di non averla mai vista. «Non mi è arrivato niente - ha concluso - non ho letto nulla se non quello che c'è sui giornali. È da ieri che si dice che il ministro Gelmini ha scritto al sindaco di Adro, è scritto su tutti i giornali ma, ad oggi, la verità è che io non ho in mano nessuna lettera».

martedì 10 agosto 2010

Dipendente o eroe ?

Tutto ciò che la sinistra italiana non è stata capace di fare in sedici anni, governando pure un bel po’ di tempo, adesso ha trovato una soluzione: la lotta politica è stata affidata, con una firma collettiva di delega, a Gianfranco Fini, nuovo eroe nazionale e ultimo affidatario dell’antiberlusconismo. L’opposizione ha riversato su «Futuro e Libertà» intenzioni, programmi decennali, riforme elettorali, lotte per la legalità, difesa della Costituzione, argine alle leggi sulla giustizia e sulla libertà di stampa; persino sul conflitto d’interessi è stato dato mandato a Gianfranco Fini e ai suoi uomini di occuparsene e risolverlo. I politici di sinistra, da questa settimana, possono avere ufficialmente un atteggiamento passivo. Adesso osservano i fatti degli altri, se ne compiacciono, difendono a spada tratta il loro delegato, gli elencano il programma lunghissimo di cose da fare, invocano governi alternativi. La domanda che si pone ora, però, è la seguente: Fini può prendersi carico di tutta una parte del paese che ha contrastato in vari modi per tutta la vita? Si dice che Berlusconi lo abbia trattato come un suo dipendente, che appena ha mostrato dissenso è stato licenziato. Ma Fini, prima della folgorazione, è stato o non è stato, un dipendente silenzioso e allineato di Berlusconi? E per quali motivi? Partecipare al potere a ogni costo, per esempio.Ora si è svegliato, pare. Ma nonostante questo, avrei un po’ di timore a consegnare nelle sue mani le sorti dell’intero popolo di sinistra. Francesco Piccolo 02/08/2010

Stop alla Fiat



Il licenziamento di tre operai dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat (due dei quali delegati della Fiom), deciso dall'azienda il 13 e 14 luglio scorso, ha avuto carattere di ''antisindacalita''' ed e' quindi stato annullato dal giudice del lavoro, che ha ordinato l'immediato reintegro dei tre nel loro posto. Lo si e' appreso stamani. La notizia e' stata confermata dal segretario regionale della Basilicata della Fiom, Emanuele De Nicola, secondo il quale ''la sentenza indica che ci fu da parte della Fiat la volonta' di reprimere le lotte a Pomigliano d'Arco e a Melfi e di 'dare una lezione' alla Fiom. Si può ricominciare anche da qui a fare qualcosa di sinistra.

Proviamo a tornare normali

L’era berlusconiana sembra volgere al termine. La crisi innescata dai finiani ha dato il “la” all’inizio dell’agonia. Quanto durerà non è dato sapere. Ciò che è invece evidente è il grande stato di confusione che regna sotto il cielo della politica e della società italiane. Non è facile in queste condizioni fare profezie sul futuro nè su quello prossimo nè su quello a più lungo termine. È preferibile in queste condizioni “profetizzare” sul passato per trarre divinazioni sui significati profondi che sottostanno alla paurosa crisi politica che ci sta di fronte. Una parte consistente della politica e dell’elettorato del nostro paese hanno lasciato che questo nuovo regime si insediasse in modo strisciante ma inesorabile rimanendo sordi alle decine di segnali allarmanti che erano di una lampante chiarezza e ai moniti lanciati con crescente passione dai pochi lucidi e coraggiosi. Tutto ciò a soli quarant’anni dalla nefasta avventura fascista. Quali sono le ragioni che danno forza e legittimità a un regime fondato sullo strapotere di un solo uomo, rozzo, incolto e vuoto? Immaturità o peggio, ignoranza democratica, stupidità, opportunismo, servilismo, culto sconcio del proprio tornaconto personale a dispetto dell’interesse generale, miopia, vigliaccheria, conformismo. Una cosa a me pare certa: se non si darà mano ad un serio programma di educazione democratica dell’elettorato, buona parte del quale ritiene che democrazia significhi al massimo andare a votare ogni tanto dopo essersi rimbecilliti per anni davanti alla televisione, passata la nottata, la malattia del populismo, dopo un periodo di latenza riemergerà con rinnovata virulenza e ci ritroveremo con un nuovo ducetto. I politici più scafati possono comportarsi come lo struzzo, i cittadini non se lo possono permettere se vogliono vivere in un paese normale. Moni Ovadia 07/08/2010

venerdì 16 luglio 2010

Vendetta ?

Dopo Mirafiori, Melfi. La Fiat ha deciso di usare la mano pesante e dopo aver licenziato un impiegato a Torino per aver diffuso un volantino con la e-mail interna, ha replicato licenziando altri tre dipendenti, questa volta alla Sata di Melfi. Sia l' impiegato piemontese che due dei tre operai "sanzionati" in Basilicata, sono rappresentanti sindacali della Fiom-Cgil, la sigla che si è opposta e si oppone all' accordo sullo stabilimento di Pomigliano in cui legge una riduzione di tutele e diritti dei lavoratori. L' intesa è stata bocciata dal 36% dei dipendenti: i metalmeccanici Cgil parlano di "rappresaglia ed intimidazione" arrivata dopo il "ricatto" dell' accordo. Chi pensava che dopo il risultato favorevole della consultazione si potesse aprire alla Fiat una stagione di confronto e collaborazione ( Cisl e Uil) dovrà ricredersi. Se qualcuno si era illuso di superare il conflitto capitale- lavoro lasci stare. Forse Marchionne ha bisogno delle punizioni per esercitare ed affermare il suo potere? E' così, con questi sistemi, che la Fiat vuole realizzare " Fabbrica Italia" ?

venerdì 9 luglio 2010

Contro la legge bavaglio


Disintegrazione dello Stato di diritto e dello stato sociale: è un disegno strategico. Sarebbe un errore sganciare la battaglia contro la legge bavaglio da quella degli operai di Pomigliano. Diritti, economia, giustizia, lavoro: sta tutto insieme, nell' affondo neoautoritario di questo governo, portato avanti non con l'olio di ricino ma con leggi e accordi che "decostituzionalizzano" il Paese. Dividere questi fronti sarebbe un errore clamoroso. Da un lato si procede verso la verticalizzazione del potere in poche mani, con l'ipotesi dell' elezione diretta del capo dello Stato, in stile peronista e il ridimensionamento dei contrappesi costituzionali. Dall' altro la legge bavaglio in pieno stile piduista attacca i due pilastri del sistema democratico, la magistratura indipendente e i mezzi di comunicazione liberi. Accanto a questo c'è la privatizzazione dei servizi pubblici, a partire dalla scuola, con cui si mira ad annichilire le coscienze. Ora il governo va all' affondo sullo stato sociale di diritto, con l' ipotesi di modificare l' articolo 1 e il 41 della Costituzione e con l' affondo sull' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Da ultimo con la vicenda di Pomigliano, che vuole comprimere il diritto di sciopero, si mira a ridisegnare i rapporti tra capitale e lavoro. Lo stesso autoritarismo che il governo impone con le leggi, si insinua anche nei rapporti sociali.


Luigi De Magistris Left settimanale 02-07-2010

mercoledì 30 giugno 2010

festeggiamo ancora con i cannoli ?





Che piaccia o meno ai difensori di Marcello Dell’Utri, la sentenza che lo condanna in appello a sette anni di reclusione ci dice anzitutto una cosa: il partito di Silvio Berlusconi è stato fondato da un amico dei mafiosi. Quanto a lungo sia durata questa amicizia, e se essa duri ancora, è dettaglio che non ci riguarda e che non ci sottrae da un obbligo di verità: riscrivere la storia e la cronaca di questo paese. La storia non sta in una sentenza, ma nello sguardo, limpido e responsabile, con cui si leggono i fatti che quella sentenza certifica. E il fatto che ci consegnano i giudici di Palermo, per la seconda volta, è che l’uomo di punta di Publitalia, il principale ispiratore dell’avventura politica del Cavaliere, era persona di fiducia al tempo stesso dei Corleonesi e di Berlusconi. Fino al ’92, chiosa adesso la difesa, come se i vincoli di solidarietà mafiosa si costruissero e si sciogliessero alla mezzanotte d’un 31 dicembre. L’amicizia con i capi di Cosa Nostra è per definizione una virtù solida e duratura. Dell’Utri lo sa bene, e in un eccesso di generosità lo ha confermato ieri in conferenza stampa: Mangano, il boss mafioso palermitano, resta un suo eroe civile. C’è più verità in quest’affermazione che in qualsiasi nostro commento. Consapevolmente o meno, è lui stesso, il senatore, a confermarci che in questi ultimi quindici anni non un solo atto politico dei governi presieduti da Berlusconi, non una sola dichiarazione del premier o del suo braccio destro Dell’Utri, non un loro gesto, una parola, una denunzia sono serviti a contrastare la mafia. Al contrario: se questa storia avremo cura e onestà di riscriverla davvero, scopriremo un florilegio di atti di governo che hanno garantito l’impunità di Cosa Nostra smantellando sistematicamente tutti gli strumenti d’indagine e di verità della magistratura. Se poi qualcuno ritiene che la notizia oggi non sia la condanna ma i due anni di sconto di pena rispetto al primo grado, siamo di fronte alla parodia della giustizia. Come i cannoli di Totò Cuffaro che festeggiava cinque anni di galera per un favoreggiamento mafioso semplice e non aggravato. Va riscritta la storia non per bonificarla di ciò che non ci piace ma per comprenderne ogni verità. E va riscritta la cronaca, questo tempo slabbrato e impunito in cui «innovare» in politica significa cercare le proprie personali convenienze. In un telegiornale di qualche settimana fa la telecamera inquadrava Gianfranco Miccichè e Marcello Dell’Utri sul portone di Palazzo Grazioli: erano andati a spiegare a Berlusconi le ragioni del patto siciliano che li ha portati a governare assieme a Lombardo e al Partito democratico. Eppure in quel partito, il Pd, c’è un’antica consuetudine di lotta alla mafia, intensa e responsabile, trascorsa anche attraverso il sacrificio di uomini come Pio La Torre e Piersanti Mattarella. Anche in nome di questa storia andrebbe raddrizzata la cronaca: e quel partito dovrebbe sottrarsi immediatamente al vizio di masticare lo stesso pane e di praticare la stessa politica con Dell’Utri, Miccichè e Lombardo. Forse non è un caso che in un solo pomeriggio si siano raccolte due vicende così umilianti per la Sicilia: la condanna di Dell’Utri e i dieci anni di galera chiesti dalla pubblica accusa per l’ex governatore Totò Cuffaro. Se c’è un momento in cui un popolo si trova nudo davanti a sé stesso e alla propria storia, quel momento per la Sicilia è adesso: da dieci anni è solo una storia giudiziaria, computata nelle camere di consiglio dei tribunali, una storia di processi, sentenze, condanne, di sguardi storti, verità rabberciate, messaggi obliqui... Tocca ai siciliani, se ne hanno ancora la forza e la volontà, immaginare un tempo nuovo in cui non saranno più le facce di Dell’Utri, Lombardo e Cuffaro a raccontare la loro terra.
Claudio Fava L'Unità 30 giugno 2010

venerdì 18 giugno 2010

RITORNO ALL'OTTOCENTO


La vicenda dell'accordo separato sullo stabilimento della Fiat di Pomigliano d'Arco è emblematico del clima politico economico culturale del nostro paese. Mentre il Governo Berlusconi continua a perseguire la divisione sindacale (agevolato dalla sudditanza di Cisl e Uil) cercando di demolire le conquiste sindacali degli ultimi trent'anni con leggi e leggine, l'attacco finale allo Statuto dei lavoratori (legge 300), viene proprio dall'accordo di Pomigliano. In cambio di 700 milioni di investimenti e 5mila posti di lavoro si deroga al contratto nazionale, dalle leggi e perfino dalla Costituzione in tema di diritto allo sciopero, malattia, riposi. Dietro al ricatto del lavoro si cela il vero obbiettivo, l'esclusione del sindacato e dei diritti dei lavoratori. Efficaci ed esaustive le dichiarazioni di Nichi Vendola di questi giorni:" Finisce qui, a Pomigliano, la guerra dei trent'anni iniziata a Torino nel 1980, qui si può costruire il cimitero della Costituzione, perchè il vangelo Marchionne sottoscritto da Fim, Uilm, Ugl e Fismic costituisce la soluzione finale della crisi, il ritorno all'ottocento. Solo nel no al referendum (tra i lavoratori) sull'accordo separato c'è il senso della lotta alla destra, mettendo insieme un dossier su Pomigliano viene fuori il manuale perfetto della sconfitta culturale della sinistra." Forse è giunto il momento di dire e soprattutto fare qualcosa di sinistra !

giovedì 10 giugno 2010

Ma le armi no!

Tra tutte le proposte di tagli nella finanziaria del governo Berlusconi, di tagli agli armamenti non se ne trova traccia. E si che in programma il governo italiano non ha solo l'acquisto di nuovi cacciabombardieri. Sul bilancio dello stato, al momento incombono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d'arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026.Eppure si parla di cifre astronomiche che il governo si è impegnato a versare all'industria bellica per acquistare una varietà incredibile di nuove armi.IL piano 65, per esempio, impegna l'Italia a comprare dagli Usa 131 cacciabombardieri invisibili ai radar, roba da guerra fredda.Totale spesa prevista fino al 2026: 15 miliardi di euro! IL piano 67 con sistemi sofisticati di digitalizzazione, per conflitti ad alta intensità, (tipo Vietnam) prevede l'esborso finale intorno ai 12 miliardi.Possiamo già smettere di aggiungere altre cifre e anche di commentare l'ovvio. Possiamo però chiedere all'opposizione di fare il proprio mestiere, proporre una finanziaria alternativa, far pagare chi evade, chi più ha, e tagliare le spese militari più assurde. A un certo signore, tal Sandro Pertini, si attribuisce la seguente frase:" si svuotino gli arsenali si riempino i granai" ma forse non fa più tendenza.

mercoledì 2 giugno 2010

Sen. Marini non si disturbi

Nei giorni scorsi gli insegnanti dell'istituto ISIS di Tarquinia hanno avuto l'onore di giungere tramite interrogazione scritta sul tavolo del nientepopodimenoche Ministro dell'Istruzione Pubblica On. Maristella Gelmini. Autore della missiva il Sen. Marini Sindaco di Viterbo che rimproverava al collegio docenti del suddetto istituto di " indirizzare politicamente studenti e famiglie" con l'approvazione di un documento nel quale venivano denunciati i tagli finanziari alla scuola pubblica. Sicuramente non era intenzione dell'onorevole mettere un bavaglio agli insegnanti di Tarquinia e sicuramente la migliore riforma possibile della scuola ed università è stata pensata ed attuata da questo Governo. Attendiamo fiduciosi i prossimi tagli....ops pardon, riforme per veder attuati in pieno( non tempo pieno...) il diritto allo studio.

Macelleria sociale


La manovra fiscale del governo Berlusconi promette tagli e sacrifici per tutti ma a pagarla saranno soprattutto i più deboli, i dipendenti pubblici le famiglie, molti stipendi saranno bloccati e chi contava di andare in pensione nei prossimi mesi dovrà aspettare.Il governatore di Bankitalia Mario Draghi ha affermato ultimamente " macelleria sociale è una espressione rozza ma efficace, gli evasori fiscali sono i primi responsabili di questo e l'evasione fiscale è un freno alla crescita perchè richiede tasse più elevate a chi le paga. " Il punto centrale e la domanda che si pone è proprio questa:" ma pagano sempre gli stessi e - aggiungo-i soliti fessi?" I giornalisti Marco Tavaglio e Peter Gomez sul giornale " Fatto Quotidiano" si chiedono se esiste una alternativa per evitare di colpire ancora una volta quelli che il loro dovere con il fisco lo hanno sempre fatto e se si può farla pagare ai più ricchi e ai più furbi. La chiamano "Contributo di solidarietà" contiene varie proposte di cui due le più fattibili nell' immediato. La prima riguarda l'ultimo scudo fiscale che ha permesso a migliaia di evasori di regolarizzare anonimamente le loro posizioni versando allo Stato il 5 per cento dei patrimoni nascosti all'estero (100 miliardi). Si può richiedere un altro 5 per cento perchè sempre di evasione si tratta e il governo con la sua manovra fiscale nega a milioni di cittadini i diritti acquisiti. La seconda interessa i grandi patrimoni familiari una tassa patrimoniale una tantum perchè questo già accade in altri paesi e chi è più ricco da una mano a chi sta peggio. Secondo la Banca d'Italia la ricchezza familiare ammonta a 8000 miliardi di euro, il 10 per cento di esse ha però in mano il 50 per cento (4000 miliardi). L'idea è che il prelievo scatti solo a carico di chi possiede immobili, terreni,liquidi e titoli per più di 5 milioni di euro per far incamerare allo Stato 10 miliardi con una contribuzione del 3 per mille pari a15.000 euro.
Esiste una opposizione che si faccia carico di salvare il salvabile e soprattutto si batta per far pagare le manovre fiscali a chi non le paga o addirittura le evade?

Verso la catastrofe



Era inevitabile che accadesse. L’insensato atto di pirateria militare israeliano contro il convoglio navale umanitario con la sua tragica messe di morti e di feriti non è un fatale incidente, è figlio di una cecità psicopatologica, della illogica assenza di iniziativa politica di un governo reazionario che sa solo peggiorare con accanimento l’iniquo devastante status quo. Di cosa parliamo? Dell’asfissia economica di Gaza e della ultraquarantennale occupazione militare delle terre palestinesi, segnata da una colonizzazione perversa ed espansiva che mira a sottrarre spazi esistenziali ad un popolo intero.Dopo la stagione di Oslo, il sacrificio della vita di Rabin, non c’è più stata da parte israeliana nessuna vera volontà di raggiungere una pace duratura basata sul riconoscimento del diritti del popolo palestinese sulla base della soluzione due popoli due stati. Le varie Camp David, Wye Plantation, Road Map sono state caratterizzate da velleitarismo, tattiche dilatorie e propaganda allo scopo di fare fallire ogni accordo autentico. Anche il ritiro da Gaza non è stato un passo verso la pace ma un piano ben riuscito per spezzare il fronte politico palestinese e rendere inattuabili trattative efficaci. Abu Mazen l’interlocutore credibile che i governanti israeliani stessi dicevano di attendere con speranza è stato umiliato con tutti i mezzi, la sua autorità completamente delegittimata. L’Autorità Nazionale Palestinese è stata la foglia di fico dietro alla quale sottoporre i palestinesi reali e soprattutto donne, vecchi e bambini ad una interminabile vessazione nella prigione a cielo aperto della Cisgiordania e nella gabbia di Gaza resa tale da un atto di belligeranza che si chiama assedio. Ma soprattutto l’attuale classe politica israeliana brilla per assenza di qualsiasi progettualità che non sia la propria autoperpetuazione. È riuscita nell’intento di annullare l’idea stessa di opposizione grazie anche ad utili idioti come l’ambiziosissimo “laburista” Ehud Barak che per una poltrona siede fianco a fianco del razzista Avigdor Lieberman. Questi politici tengono sotto ricatto la comunità internazionale contrabbandando la menzogna grottesca che ciò che è fatto contro la popolazione civile palestinese garantisca la sicurezza agli Israeliani e a loro volta sono tenuti sotto ricatto dal nazionalismo religioso di stampo fascista delle frange più fanatiche del movimento dei coloni, una vera bomba ad orologeria per il futuro dello stato di Israele. La maggioranza dell’opinione pubblica sembra narcotizzata al punto da non vedere più i vicini palestinesi come esseri umani, ma come fastidioso problema, nella speranza che prima o poi si risolva da solo con una “autosparizione” provocata da una vita miserrima e senza sbocco. Le voci coraggiose dei giusti non trovano ascolto e anche i più ragionevoli appelli interni ed esterni come quello di Jcall, vengono bollati dai falchi dentro e fuori i confini con l’infame epiteto di antisemiti o antiisraeliani. Se questo stato di cose si prolunga ancora il suo esito non può essere che una catastrofe.


Moni Ovadia l' Unità 01/06/2010














giovedì 27 maggio 2010

La truffa della moderazione


Il grande poeta e drammaturgo di Augusta Bertolt Brecht è stato anche uno dei più lungimiranti pensatori del secolo scorso. Alcuni suoi brevi scritti raccolti sotto il titolo «Le storie del signor Keuner» illuminano acutamente anche la temperie del nostro tempo. Quello che segue sembra scritto per il nostro Paese oggi.«Quando il presidente del Reich si era macchiato per la terza volta di violazione della Costituzione, molti socialdemocratici, in gran segreto, si misero in guardia dal parlarne: “non sfiorate l’argomento – dissero timorosi – altrimenti non esisterà nessuna remora a violare la Costituzione. Se il popolo, o il Presidente del Reich venissero a sapere che la Costituzione è già stata violata, non ci sarebbe più alcun monito che tenga. Così invece noi possiamo ancora mettere in guardia dall’infrangere la Costituzione”. Ragionando in questo modo e col sudore in fronte ad ogni nuova violazione sostennero che non si trattava affatto di violazione. E, quando la Costituzione non esistette più, violazioni costituzionali non erano comunque ancora avvenute».Questa pavida e grottesca attitudine stigmatizzata ironicamente da Brecht ha portato il nostro Paese sull’orlo dell’abisso della legge che demolisce la libertà di stampa. Ma siamo arrivati a questa vergogna per la colpevole sedicente moderazione di troppi. Una colpevole pavidità travestita da ragionevolezza, una miopia grave chiamata bipartisanship ha lasciato che questo centrodestra caudillista demolisse i fondamenti della nostra democrazia a partire dalla legge Mammì a seguire con le leggi ad personam. Chi ha accettato vent’anni di schifo e oggi si scandalizza per quest’ultima porcata o è un minus habens, o mente spudoratamente barando con se stesso, ma soprattutto con i cittadini onesti.
MONI OVADIA L'Unità -22 maggio 2010

martedì 25 maggio 2010

UNIVERSITA' AGRARIA


IL 30 e 31 Maggio tutti noi cittadini saremo chiamati ad eleggere il nuovo presidente della U A . Il clima di questa campagna elettorale non è dei più entusiasmanti nonostante decine di candidati in cerca di preferenze tra amici e conoscenti. Tanti elettori "attivi" potrebbero far sembrare la competizione altamente rappresentativa e democratica mentre in realtà si evince dalla lettura delle liste che lo sforzo delle segreterie dei partiti è stato quello di trovare tanti "portatori d'acqua" al mulino dei due candidati presidente senza selezione alcuna. E sulla mancata selezione ed il "riempiticcio" delle liste si è vivacizzata la polemica politica quando ad un noto e bonariamente simpatico personaggio cittadino è cominciato ad arrivare un sostegno diffuso e trasversale che, con la maestria e fantasia dei propri "sponsor", sta mettendo in subbuglio ed in ansia parecchi candidati più quotati. Attorno alla sua candidatura si è scatenata una bagarre mediatica che non ha fatto altro che alimentare la curiosità dell' elettorato sminuendo ancor più la natura politica dell'elezione. I due candidati si sono sfidati sui loro programmi ma il nulla di fatto ha portato solo ad invettive e recriminazioni. In questo panorama desolante non possiamo poi prendercela con l'Antipolitica del "CIMICIONE"

sabato 24 aprile 2010

L'acqua non si vende.

Oggi, 25 Aprile 2010, si celebra la Festa della Liberazione.
La resistenza, però, non ha ancora terminato il suo compito.
Da ieri è iniziata in tutta Italia la raccolta firme per i referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua. In centiania di piazze italiane saranno allestiti i banchetti. L'anniversario della Liberazione dal nazifascismo è occasione per liberare anche l'acqua dal mercato e dal profitto. Diventa anche tu una staffetta del bene comune, firma e fai firmare.
Per ulteriori informazioni: http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php

giovedì 22 aprile 2010

Le cose di tutti.


Con il ritiro del famigerato punto riguardante l’alienazione dei locali di proprietà della Università Agraria dall’ordine del giorno - predisposto per la seduta consiliare del 22/04/2010 - la vicenda che ha motivato la nostra presa di posizione si è conclusa con il ravvedimento dell’amministrazione dell’Ente.
Seppure avremmo preferito non discutere mai su temi come quello che in questi giorni ci ha sollecitato, diamo atto al presidente Antonelli e alla sua giunta di essere stati capaci di comprendere le ragioni di chi ha indicato e sollevato il problema, Giovanni Leoni in primis, ringraziando quest’ultimo per l’impegno e l’attenzione posti nel difendere un patrimonio della collettività.
Ciò che non abbiamo ben compreso (ma forse riguardo a tutta questa faccenda ci sfuggono particolari importanti dei quali non siamo a conoscenza) è il ruolo dell’opposizione rimasta in silenzio sino al clamore della protesta di Leoni.
Chi ha gli strumenti e la possibilità, come coloro che siedono nei banchi in minoranza, dovrebbe, a parer nostro, esercitare il diritto-dovere di confronto e controllo nei tempi utili e non accodarsi, peraltro comodamente, al sacrificio altrui.
Questo non è molto sportivo né serio, ma, soprattutto, non è coerente.
Vorremmo sperare, per l’immediato futuro dell’Ente, che esso sia determinato da un’accresciuta consapevolezza del fatto che i beni e i diritti pubblici si tutelano sempre e non solo in prossimità delle campagne elettorali.

Associazione Tarquinia Democratica

martedì 20 aprile 2010

Nessuno venda ciò che è di tutti.



La lettura del verbale dei capigruppo della Università Agraria di Tarquinia, riunitisi il 15 Aprile scorso per discutere ed approvare l’Ordine del Giorno e la data del prossimo Consiglio di Amministrazione (l’ultimo prima delle prossime elezioni), non ha mancato di stupirci.
Abbiamo, con sconcerto, appreso come l’Amministrazione uscente sia determinata ad alienare a favore di soggetti privati una parte della proprietà pubblica adducendo motivazioni assurde e non comprensibili se non alla luce di scongiurabili ipotesi che, al momento, non desideriamo neppure immaginare.
Noi crediamo che non sia mai sufficiente osservare, criticare e indicare ciò che non approviamo, non condividiamo o riteniamo ingiusto.
In questo caso, al di là di ogni valutazione sui riscontri tecnici-amministrativi-burocratici, rileviamo un errore madornale nel considerare “alienabile” un bene immobile che, oltre ad essere parte – fondante e centrale- di un edificio di notevole valore storico, è anche uno degli spazi più fruibili ed interessanti dell’intera unità immobiliare che è nelle disponibilità dell’Università Agraria.
Vendere un siffatto locale, creare una ferita incurabile nel cuore di Palazzo Vipereschi, sminuendo palesemente anche lo stesso valore immobiliare dell’intero complesso, consegnare, quindi, a privati terzi la proprietà e impedire, perciò, ogni eventuale altro futuro uso civico (nel senso di cittadino) dei locali è, senza dubbio alcuno, il frutto di un’aberrazione logica.

La nostra semplice logica ci suggerisce, invece, che, laddove vi sia un valore comune da incrementare, un patrimonio collettivo da tutelare e interessi pubblici da difendere, quello sia il luogo presidiato da un Ente territoriale che proprio per tali scopi nasce e vive.

Questo a nostro avviso - ma crediamo anche per quello di molti concittadini - sarebbe il compito che ogni buon amministratore dovrebbe svolgere quando la fiducia degli elettori, democraticamente espressa ed accordata, lo chiama a difendere, temporaneamente, quanto gli viene affidato.

Riteniamo, pertanto, ricevibile da parte degli amministratori dell’Università Agraria di Tarquinia il nostro invito a voler immediatamente soprassedere alla predetta alienazione al fine di poter affrontare serenamente un dibattito sulla questione prima che questa diventi motivo di profondo attrito.

Queste le nostre opinioni riguardo alla vicenda .
Attribuzioni d’intenzioni, commenti o dichiarazioni diverse da quelle ufficialmente approvate e divulgate dall’Ass.Tarquinia Democratica, veicolate e diffuse da chiunque voglia artatamente e indebitamente imputarcele, saranno considerate lesive del nome e dell’immagine dell’Associazione e dei suoi membri, i quali, non esiteranno a provvedere alla propria tutela nelle sedi opportune.

Associazione Tarquinia Democratica

martedì 9 febbraio 2010

Perplessità nucleari laziali.


Destano un misto di sorriso e stupore i recenti attacchi di Giuseppe Parroncini, assessore alle reti territoriali energetiche della Regione Lazio, rivolti al ministro Scajola, reo di avere impugnato, impudentemente quanto legittimamente, dinanzi alla corte Costituzionale, le leggi regionali di Puglia, Campania e Basilicata con le quali veniva affermata la netta contrarietà all’installazione degli impianti nucleari.

Invece di scandalizzarsi a posteriori, perché non si è fatto promotore di una identica iniziativa nell’ambito del consiglio regionale, in maniera da uniformarsi a quei consessi (soprattutto Puglia e Basilicata) che le loro scelte ecocompatibili le hanno dimostrate nei fatti e non a parole?

Perché la Regione Lazio si è limitata a presentare solamente un ricorso presso la Corte Costituzionale - per i profili di incostituzionalità rilevati e riguardanti le procedure previste per la definizione dei siti e per i processi autorizzativi delle centrali - invece di darsi una norma che avrebbe costituito ben altro ostacolo alla volontà del governo d’insediare strutture nucleari nella nostra regione?

“Nel Lazio deve decidere il Lazio” sentenzia l’assessore. L’unica cosa che, al di là dei proclami indignati, a tutt’oggi possiamo constatare, è che il Lazio, in attesa che l’On. Ugo Sposetti (nostalgico dell’atomo a Montalto di Castro) e altri settori del PD si convertano al verbo antinuclearista, a differenza di Puglia, Campania e Basilicata, su questa materia ancora non ha deciso, mentre su molte concernenti la devastazione del territorio, come la costruzione dell’ autostrada, le sue decisioni le ha già prese e da un bel pezzo.



Tarquinia Democratica